IN VIAGGIO VERSO LA TERRA
Il riscaldamento
In questa strioscopia è possibile vedere il flusso d'aria attorno a diversi tipi di scudo termico. Le bande scure nella parte forntale rappresentano proprio lo strato di aria fortemente compressa causata dalla pressione dinamica.
Fonte: NASA
Particolare dello scudo della capsula Stardust appena atterrata al suolo, contiene particelle di polvere cometaria ed interstellare raccolte durante l'omonima missione spaziale.
Fonte: NASA
Abbiamo visto nell'aricolo precedente che l'attrito fra le molecole d'aria e la superficie del meteoroide è il principale responsabile del riscaldamento di oggetti con dimensioni fino a pochi centimetri. Un corpo in movimento possiede una certa energia cinetica, l’attrito fa si che questa energia venga trasformata in calore a scapito della velocità. Questo processo lo possiamo vedere tutti i giorni semplicemente mettendosi alla guida di un'auto, quando un veicolo frena l’energia cinetica viene dissipata dall’impianto frenante, capita spesso di vedere i dischi dei freni di una macchina di Formula 1 diventare incandescenti durante le frenate più impegnative.
Nel caso della caduta di un oggetto abbastanza grande da non dissolversi completamente nei primi km di atmosfera, cioè con dimensioni maggiori a pochi centimetri, dobbiamo considerare un processo fisico totalmente differente. Il meteoroide entrando nell'atmosfera imprime sull'aria che incontra davanti a se una pressione estremamente intensa, detta "pressione dinamica". La fisica ci insegna che quando un gas viene compresso si riscalda, lo possiamo sperimentare molto semplicemente con una comune pompa da bicicletta gonfiando in maniera molto rapida ed energica una ruota e tastanto com mano la temperatura della camera d'aria. Nel caso di un meteoroide questo semplice esempio va portato all'estremo, l'aria è talmente compressa tanto da diventare un plasma raggiungendo temperature prossime ai 30.000°C. In queste particolari condizioni il plasma emette un'enorme quantità di radiazioni elettromagnetiche, tra le quali la luce che percepiamo come meteora o bolide e raggi X, sono proprio quest'ultimi che irradiando la superficie del meteoroide provocano l'evaporazione dei minerali.
Oggetti in grado di sopravvivere al passaggio in atmosfera e con dimensioni fino ad una decina di metri (ma molto dipende anche dalla loro composizione), l'energia cinetica legata alla velocità viene dissipata per la creazione del plasma, sotto forma di radiazioni elettromagnetiche e per la fusione dei minerali. Il meteoroide quindi fra i 15 ed i 25 km di quota rallenta fino a circa 10.000 km/h, questa velocità non è sufficente a creare una pressione dinamica tale da riscaldare l'aria, cessa quindi l'emissione di luce e l'oggetto si avvia verso la fase di "volo buio", raffreddandosi progressivamente. A causa della resistenza dell'aria negli strati più bassi e densi dell'atmosfera l'oggetto rallenta ancora fino alla tipica velocità di caduta libera, circa 200-300km/h.
Oggetti con dimensioni di decine di metri subiscono rallentamenti minimi conservando velocità tali da mantenere fino a livello del suolo l'onda di pressione che li precede.
I veicoli spaziali che intendono rientrare sulla Terra devono essere dotati di opportuni scudi termici in grado di resistere alle elevatissime temperature che si generano. La forma di questi apparati è finemente studiata proprio per minimizzare, ma sopratutto per disperdere l'onda di pressione che si genera, evitando così che ristagni nella parte frontale dove produrrebbe un letale surriscaldamento dello scudo. In altri casi sono state adottate protezioni composte da materiali in grado di evaporare in maniera controllata portando con se una gran quantità di calore, così da mantenere "fresche" le sezioni di scudo sottostanti.
È facile dunque immaginare come un meteoroide dalla forma casuale che tenti di attraversare l’atmosfera con velocità ben superiori a quelle dei veicoli spaziali subisca sforzi meccanici e termici mostruosi, in grado di frantumare la roccia o il metallo di cui è composto.
In questo disegno è evidenziato il surriscaldamento a cui sono sottoposti i materiali dello scafo dello Space Shuttle durante il rientro, lo scudo può resistere fino a 1650°C! Rigide traiettoie ed articolate manovre consentono di contenere il surriscaldamento entro valori accettabili per la struttura, le attrezzature e l'equipaggio.
Fonte: NASA
Dopo tutte le peripezie ed i pericoli legati ad un viaggio sulla Luna gli astronauti dovevano superare l’ostacolo più pericoloso, la nostra atmosfera. I moduli di comando dotati di opportuni scudi termici riportano a Terra sani e salvi la maggior parte dei piloti. Tuttavia è cronaca tristemente recente di come anche piccole falle nello scudo possano risultare fatali per la navicella e l’equipaggio. Nella fotografia è ritratto il modulo di comando dell’Apollo 8 durante la delicata fase del rientro.
Fonte: NASA
Non è solo l’atmosfera della Terra ad essere un ostacolo per le missioni spaziali. Anche l’atmosfera di Marte seppur molto più rarefatta di quella terrestre costringe i progettisti a prevedere degli opportuni scudi termici per proteggere le sonde dirette sul suolo marziano. In questa fotografia scattata dalla sonda Opportunity è ritratto il luogo dell’impatto del suo scudo termico, staccatosi come da programma durante la discesa.
Fonte: NASA